Friday, May 26, 2017

La liberta' di essere disordinati

Non e’ che le cose stanno diversamente se le metti in su’ di traverso o dritte. Proprio non lo sanno loro e la loro prorpia dignità, e non quella che uno gli attribuisce, non cambia.
Non sanno nemmeno di vivere pericolosamente. E quando lo fanno ne accettano le conseguenze e in casi estremi ti abbandonano in silenzio. E’ sempre una scelta nostra comunque l’abbandono.
Io non ho bisogno di controllarle le cose. Ci vivo vicino, io e loro insieme ognuno la sua vita e poi ci si incontra per quello che uno deve fare, per un’emozione, per compagnia. Ho ricevuto troppi consigli su come vivere la vita, le relazioni e il mondo. Mi hanno soffocato. In questo non c’e’ la mia libertà’. Io e le cose camminiamo insieme la strada e ci consumiamo riconoscendoci.
Poi incontri quelli che le cose le devono controllare, imporgli l’essere. E le loro cose diventano rappresentazione. Lo sai subito quando vedi un uomo in camicia. Il segno delle righine della camicia stirata, piegata per bene da una moglie o una compagna che lo fa per dovere o una domestica che lo fa per soldi. E quell’ordine imposto e concordato appare evidente. Io non stiro non controllo. Le mie camicie vengono ma me. Su cosi come erano state. Brade. Non faccio domande non faccio righe. Va sempre bene. Non trovo conforto nell’ordine che impongo. Non trovo sicurezza nel sapere degli altri che fanno la stessa cosa. Io e le mie cose. La mia libertà’ e’ la loro.

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