Monday, November 22, 2010

Kevin

Gli avevo detto di chiamare prima di partire da casa e cosi aveva fatto anche se mi aveva chiamato sul numero sbagliato per cui non ci eravamo sentiti. Mi affaccio alla finestra e lo trovo gia' li che lavora. Poteva almeno suonare mi dico. E rimango a guardare cosa fa. "Hi" pronuncio nel mio inglese-italiano e lui abbozza un cenno con tre chiodi in bocca, dall'alto della scala, estesa fino al tetto piu alto' della casa. E' un ragazzo che solo a vederlo lo sai che e' americano, con la faccia del nordico immigrato da un numero di generazioni sufficenti perche' le sue origini siano un ricordo lontano. Olandese o danese. Spalle larghe da palestra e occhiali neri a fascia. Poliziotto di certo. Le parole non sono il suo forte e io sono italiano e con le parole ci vivo. Bella coppia mi dico. E lui intanto continua il lavoro con una precisione che apprezzo e le parole di sicuro sarebbero un intralcio. Io e Kevin, un sole afoso di NYC, io sotto e lui sopra il tetto e il silenzio della mattina di un sobborgo americano per bene intorno a noi. Passa cosi'  tempo e le riparazioni sono quasi finite. Si muove agile sul tetto, pianta chiodi, sistema, rende nuovo cio’ che era consumato. “Kevin you better drink some water” spezzo il silenzio cosi'. E lui annuisce. Mette via gli attrezzi. La scala lunga, la tiene come un giocoliere del circo e la fa atterrare quasi silenziosamente sui supporti del suo camioncino. Lo invito dentro e preparo l’acqua. Frizzante. Toglie gli occhiali. Adesso sembra un bambino con il suo bicchiere in mano. E' poliziotto. Si e’ fatto male ad un piede. L’hanno messo in ufficio, e non e’ piu' fuori di pattuglia mi dice. Pattuglia?, che qui non succeede mai niente, al massimo gatti da tirare giu’ dagli alberi, ma non glielo dico. Kevin, magari un giorno mi darai pure una multa penso per aver parcheggiato storto. “Good job”  dico, perche’ e vero e si illumina di un sorriso, lo fa davvero perche’ gli piace questo lavoro. Kevin poliziotto operaio.