Wednesday, June 27, 2018

Il bus ieri


La strada è la stessa. La mattina, in macchina. E la nostra dura solo qualche minuto. Fa da sfondo alle  parole. Non ci tocca. Ieri invece la stessa stessa strada l'ho vissuta. Vissuta in tutte le singole fermate di quell'autobus, nell'odore, i colori e i suoni della vita che si muoveva come un serpente fra i sedili. La densità per metro quadro di varietà etnica avrebbe battuto anche i miei giorni di  di NYC. Hai una percezione diversa delle cose. Capisci i tuoi confini. E quelli degli altri.  Storie a spina di pesce che si incrociano ma non si intrecciano. E la tua non fa eccezione. Tensioni che si alzano. Fa anche caldo. Ma lo stesso. Ci metteremmo secoli e forse mai a colmare queste differenze.

Sunday, May 6, 2018

Un amore e mezzo

La sera era cosi. Spesso. Il tempo si calmava rispetto alla giornata. Si dilatava e diventava anche troppo, in contrasto con il giorno, quando non bastava mai a tutti o quasi tutti. E si apriva su eventi che oramai erano diventati consueti. Amati e anche odiati un po'. Ma consueti. E quella consuetudine alla fine aveva la sua bellezza. Erano l'amore e mezzo. Non si ricordava piu nemmeno quando non l'aveva vista più soltanto come una sorella, ma aveva cominciato a respirarla nell'aria di cui era divenuta quasi la componente essenziale, quella che sostiene la vita. Sebbene diverse, molto diverse di fondo, avevano sviluppato un bisogno reciproco di sentirsi.  Erano appuntamenti necessari. Necessari all'apertura della giornata, alla sua chisura e a quanto c'era nel mezzo. Necessari a misurare il proprio essere e a capirne il ruolo, spesso nel passato che a volte non passa in un nuovo presente. Gli atti erano semplicissimi a tratti silenziosi. Il silenzio: necessario anche quello, in un ruolo riconosciuto. Equilibrio. Che tanti anni e tanti elementi di storia avevano finalmente rafforzato e reso speciali.
Solo recentemente a questo equilibrio si era aggiunto altro. Inconsueto anche questo su vari aspetti. Intenso per altri. Nonostante la sua giovinezza non sarebbero bastate  parole per descriverlo bene. Era come vino, che appena fatto e' mosto e lo senti sotto i piedi che gorgoglia fermentando, e lo guardi pensando a quando sara' pieno e forte, versato in un bicchiere in un ristorante elegante o in una cantina. O semplicemente su di un tavolone di legno. Forte della sua maturata personalita'. Cosi' le gorgogliava sotto i piedi inaspettamente, senza che se ne accorgesse. Piacevolmente sorpresa a volte, incazzata altre, ma con gli occhi sempre rivolti. E con la sussurrata speranza che quel mosto, un giorno, fosse quel vino, quello delle occasioni speciali. Lei era cosi. Di una semplicita' minima da stupire. Cosi minima che per viaggiare le bastava un sacchetto per metterci tutto. Piccolissimo. Le cose importanti se le portava dentro. Non servivano contenitori fisici per tenerle, limitandole.
Cosi quel mezzo in piu' stava crescendo. Prendeva posto diventando una rassicurante presenza alla quale si era abiutata. Adesso lsciava che il pensiero ci si adagiasse su delle volte. Un amore e mezzo. Cosi' erano le sue sere.

Quando nemmeno i titoli bastano

Non e' cambiato niente
è cambiato tutto
si salva quello che avevamo detto si sarebbe salvato
è più forte di noi
l'intuizione non ci aveva tradito
ci piace credere che si salverà per sempre
e quello che non si sarebbe potuto avere
sapevano che non lo avremmo mai avuto
non e' cambiato niente in fondo
E' solo andata come sapevamo già sarebbe andata
e crediamo sia bellezza
diversa ma unica.
Credere in fondo non è molto diverso dall'essere.


Friday, May 26, 2017

Oggi mi sono puramente concentrata sulla noia.

Ero andata con molte aspettative a questo incontro. Incluso il fatto che non era proprio a portata di mano ma visto che sarebbe dovuto essere interessante non ci ho nemmeno pensato.
Lo si capiva subito. Fin dalle prime parole che le mie aspettative sarebbero state sbattute per terra senza nemmeno far rumore dall’indifferenza e l’insensibilità’ di chi sa una cosa inutile e te la dice senza una ragione che si possa chiamare tale. Di solito il pensiero  decide di andarsi a rifugiarsi o a fare un giro. Giusto per sopravvivere e per poter essere in grado di pensare ancora. Oggi no pero’. Non per me. Nessuna fuga ma una esperienza più’ intensa e profonda di quel senso di noia che tipicamente sfuggiamo. Il pensiero si e’ fermato li. A contemplare silenzioso questo senso che si insinuava dentro. lentamente come le parole che pronunciate scivolavano addosso prive di senso compiuto. Mi ha stupita la purezza di questo sentimento che non e’ vuoto ma contemplazione dell’inutile.
e mi ci sono abbandonata per ore. Fino alla fine quando l’ultima parola stanca mi e’ passata davanti spegnendosi.
Ora di andare finalmente.

Sopravvivere per poter vivere.

Quando ti succede poi la vita ti cambia. E non e’ come quando hai un figlio che tutti ti dicono ti cambia la vita e tu dici si si e tutti sorridono che sanno. Qui, per questo, non sorride nessuno. Capiscono solo che sei differente e per il resto non possono davvero capire se non hanno provato. E ci vuole intimità’ per poterlo ammettere che e’ successo anche a loro.
Era novembre ed eravamo davanti ad una farmacia e dovevo prendere quei farmaci e quello con cui stavo, dovevo dirglielo e l’ho detto cone le parole piccole, sotto voce. Poi ha cercato di fare diventare le mie fisse parte della nostra vita e facevamo boom insieme quando si aprivano i barattoli sotto vuoto e alzava le mani come un ricercato per passare in cucina senza toccare niente. Ha cucinato per me una volta senza che io vedessi ed e’ stato buono. Gli sono sempre stata grata in silenzio.
La prima volta non te lo aspetti. Nel senso che capita e non sai cosa e’. Come un raffreddore o un malessere ma non sai se passa. E quando. La realtà’ diventa irreale e strana e ti stacchi da ciò che ti sta intorno e da te stesso. Dura eterni minuti e ti sembra che ti porti giù senza speranza di riprendersi. Non esiste altro. prende tutto. E il corpo segue, sudi, tremi. Ti appoggi per un sostegno. E quando finisce ti lascia la paura di averne un altro altrettanto terrificante.
La mia prima volta e’ finita sui gradini di una scala. Fredda. aspettando. La seconda, di notte, dentro una macchina. Che speravo non passasse la polizia a chiedere, che a spiegare la cosa sarebbe stato davvero duro.
E la paura del prossimo attacco che ti cambia. Che ti fa prendere distanza dalle cose e dalle persone e ti porta in un viaggio sottile all’essenza e a sviluppare di un istinto a riconoscere le situazioni pericolose quando tutto, senza una ragione, può essere fatale.
La distanza razionale e’  sopravvivenza per poter vivere il giorno dopo o anche solo il momento dopo. Devo sopravvivere per vivere. Ogni singolo momento con i miei compagni di viaggio, gli attacchi di panico e le ansie conpulsive,che aprono per me  porte della realtà’ sconosciute ai piu’ rimuovendo le frivolezze della natura umana lasciando solo l’essenziale che conta.

Pioggia

Qui la pioggia mi lava i pensieri e l'anima. La realta' invece con le sue contraddizioni rimane lucida e impermeabile con i suoi fatti sottili e taglienti. Non conosco acqua buona abbastanza da scioglierla e arrotondarla.

La liberta' di essere disordinati

Non e’ che le cose stanno diversamente se le metti in su’ di traverso o dritte. Proprio non lo sanno loro e la loro prorpia dignità, e non quella che uno gli attribuisce, non cambia.
Non sanno nemmeno di vivere pericolosamente. E quando lo fanno ne accettano le conseguenze e in casi estremi ti abbandonano in silenzio. E’ sempre una scelta nostra comunque l’abbandono.
Io non ho bisogno di controllarle le cose. Ci vivo vicino, io e loro insieme ognuno la sua vita e poi ci si incontra per quello che uno deve fare, per un’emozione, per compagnia. Ho ricevuto troppi consigli su come vivere la vita, le relazioni e il mondo. Mi hanno soffocato. In questo non c’e’ la mia libertà’. Io e le cose camminiamo insieme la strada e ci consumiamo riconoscendoci.
Poi incontri quelli che le cose le devono controllare, imporgli l’essere. E le loro cose diventano rappresentazione. Lo sai subito quando vedi un uomo in camicia. Il segno delle righine della camicia stirata, piegata per bene da una moglie o una compagna che lo fa per dovere o una domestica che lo fa per soldi. E quell’ordine imposto e concordato appare evidente. Io non stiro non controllo. Le mie camicie vengono ma me. Su cosi come erano state. Brade. Non faccio domande non faccio righe. Va sempre bene. Non trovo conforto nell’ordine che impongo. Non trovo sicurezza nel sapere degli altri che fanno la stessa cosa. Io e le mie cose. La mia libertà’ e’ la loro.